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Italian to English: Observations on the presence of ochratoxin A in meat and associated products
Source text - Italian Considerazioni sulla presenza di ocratossina A nelle carni e nei prodotti derivati
Carlo Cantoni, Luca Maria Chiesa, Serena Milesi
È stata riscontrata la presenza di ocratossina A sulla superficie di insaccati crudi e di prosciutti stagionati. Le quantità riscontrate sono risultate elevate. La contaminazione è sporadica. Tuttavia è opportuno eseguire indagini più vaste su questo tipo di contaminazioni.
Le micotossine sono metaboliti secondari elaborati da muffe e costituiscono un settore di rilevante interesse igienico-sanitario. Quando presenti, esse sono dei contaminanti le cui concentrazioni possono variare da nanogrammi a microgrammi per grammo di prodotto alimentare.
Le ocratossine (OA o OTA) sono il principale e maggiore gruppo di micotossine identificate dopo la scoperta delle aflatossine (van der Merwe e coll., 1965 a,b) e sono sintetizzate da alcune specie di Aspergillus e di Penicillium.
Le varie ocratossine tossinogene identificate sono 11, precisamente:
1) l’ocratossina A;
2) l’ocratossina B;
3) l’ocratossina C;
4) il metilestere della ocratossina A;
5) il metilestere della ocratossina B;
6) il metilestere della ocratossina C;
7) l’ocratossina alfa;
8) l’ocratossina beta;
9) la 4R-idrossiocratossina A;
10) la 4S-idrossiocratossina A;
11) l’idrossiocratossina A.
Tra queste l’ocratossina A è quella prevalente ed è importante nei riguardi della salute umana. Negli studi su animali da esperimento l’OA causa effetti cancerogeni e immunotossici (Kuiper-Goodman e coll., 1972). La tossina è presente in numerosi generi di alimenti destinati al consumo dell’essere umano e animale (Krogh e coll., 1982) e i suoi effetti epatossici, nefrotossici e teratogenetici si possono produrre negli animali monogastrici in determinate condizioni.
Sono particolarmente sensibili la specie suina e quella aviaria a danno delle quali inducono soprattutto patologie renali, mentre meno sensibili sono gli animali poligastrici (bovini, ovini, caprini) per la inattivazione totale o parziale della OA a opera dei microrganismi ruminali.
Nell’uomo, si ritiene possano esercitare azioni nefrotossiche, e tumori sul tratto urinario nelle popolazioni con diete carenti in selenio (Krogh e coll., 1977; Pavlovic e coll., 1977; Maksimovic e coll., 1991) o in associazione con altri agenti lesivi il tratto genito-urinario come metalli pesanti, infezioni batteriche e virali localizzate e, anche, ligniti plioceniche (Pfohl-Leszkowicz e coll., 2002).
Tra i vari alimenti i cereali apportano circa una percentuale del 50-80% della quota di ocratossine calcolata su una dose giornaliera accettabile (TDI) di 5 ng/kg di peso corporeo.
Produzione
I miceti produttori di ocratossina A appartengono ai generi Aspergillus e Penicillium.
Gli aspergilli tossigeni sono compresi:
a) nella sezione dei Circumdati (prima gruppo di A. ochraceus) e precisamente A. ochraceus, A. alutacens, A. melleus, A. auricomus, A. ostianus, A. petrokii, A. sclerotiorum, A. sulphurens;
b) nella sezione Flavi dove si collocano A. alliaceus e A. albertensis
c) nella sezione Nigri, con alcune varianti di A. niger e A. carbonarius (prima compresi nel gruppo dell’Aspergillus niger). Recentemente è stata segnalata la produzione di ocratossina da A. japonicus, un fungo con micelio nero (Medina e coll., 2005) e da A. glaucus.
Le specie note di Penicillium produttori di ocratossina A sono: Penicillium verrucosum (Pitt, 1987), P. viridicatum (Borman e coll., 2002), P. cyclopium (Lund e coll., 2003) e soprattutto P. nordicum.
Questo penicillio è il micete più diffuso nei salumi tra i produttori di ocratossina ed è stato descritto per la prima volta da Dragoni e Cantoni (1979) (Ramirez, 1985) ed è anche il produttore più attivo nella produzione di OTA (Larsen e coll., 2001).
Ocratossine nelle carni e nei prodotti carnei
Le prime segnalazioni sulla presenza di ocratossina A nei prodotti carnei sono state pubblicate nel 1976 da Krogh, altre segnalazioni si devono a Madsen e coll. (1982), Cantoni e coll. (1982 a,b), Jusziewicz e coll. (1984), Mortensen e coll. (1983), Pepeliniak. e coll. (1995), Sreemannarayama e coll. (1988), Bauer e coll. (1987), Kuiper-Goodman e coll. (1979), Scheuer (1989), Roseau e coll. (1989), Tesch e coll. (1993), van Egmond e coll. (1994), Jomonsky e coll. (1994), Lusky e coll. (1997), Lusky e coll. (1995), Scheuer e coll. (1997), Jorgensen (1998), Jorgensen e coll. (2002), Curtui e coll. (2001), Spotti e coll. (2001), Cantoni e coll. (1982 a,b, 2004), Zannotti e coll. (2001), Matrella e coll. (2006).
Allo scopo di conoscere quali possano essere le concentrazioni di OA nelle carni, visceri e prodotti carnei derivati, la maggior parte delle ricerche ha preso in considerazione la razza suina in quanto, tra gli animali allevati, i suini sono quelli più soggetti alla contaminazione di OA.
L’OA dopo l’ingestione con l’alimento contaminato (cereali) è assorbita nel piccolo intestino, principalmente nella parte prossimale del digiuno, e viene quindi legata all’albumina sierica a una macromolecola non identificata nel sangue (Hult e coll., 1986). La semivita della tossina nel sangue suino è stata calcolata nell’intervallo di 72-120 h (Galtier e coll., 1981). Le concentrazioni più elevate di ocratossina si trovano nel sangue, mentre la localizzazione nei tessuti in ordine decrescente è nel fegato, rene, muscolo e grasso.
Le prime determinazioni dell’OA nelle carni e nei prodotti di carne suina sono state eseguite in Germania dal Centro federale sulle ricerche delle carni, in Kulmbach. Si accertò la presenza di OA nel 19% di salsicce cotte, sanguinacci, salsicce di fegato e wurstel (Scheuer, 1989). Le concentrazioni trovate furono di 0,1-3,4 ng/g.
In una successiva ricerca eseguita esaminando altri tipi di carne (Gareis e coll., 2002) ottennero i risultati riportati nelle tabelle 1 e 2.
Nella tabella 3 è riportata la distribuzione di OA in campioni suini rilevati da Curtui e coll. (2001).
I livelli di OA riscontrati da questi ricercatori sono paragonabili a quelli rilevati dagli altri ricercatori citati prima. I valori riscontrati sono stati sempre inferiori al massimo livello tollerato in Romania (5 ng/g).
Nella tabella 4 sono riportate le concentrazioni di ocratossina A in carni di vari animali determinate da Jorgensen nel 1998 in Danimarca.
Nella tabella 5 sono stati riportati i dati delle concentrazioni di ocratossina A riscontrate in carni e rene di suino da Jorgensen e Petersen (2002).
Nella tabella 6 sono state riportate le concentrazioni di ocratossina A secondo quanto riportato da Zannotti e coll. (2001).
Nella tabella 7 sono riportate le concentrazioni di ocratossina A riscontrate nel 2004 da Cantoni e coll. in salumi.
In seguito a segnalazioni di presenza di ocratossina A in alcune partite di insaccati prodotti da una unica azienda e di prosciutti crudi stagionati non marchiati provenienti da un prosciuttificio, si sono volute condurre indagini mirate a individuare le cause della contaminazione, il livello di ocratossina A presente sulla superficie dei prodotti (salumi e prosciutti), nelle carni fresche di suini impiegate per la produzione e negli impasti di salame.
Materiali e metodi
Campioni esaminati e schema della indagine: ricerca di OA
1) Salami. Per accertare la presenza o meno di ocratossina A sono stati esaminati tre gruppi di porzioni di budello provenienti da un lotto di salame, e questi, combinati tra loro, sono stati sottoposti a estrazione della OA e suo dosaggio.
2) Carni. Sono stati esaminati n. 3 campioni di carne usati per preparare l’impasto e appartenenti a suini dello stesso allevamento.
3) Impasti. Sono stati esaminati n. 6 impasti di salame di uno stesso lotto preparati nello stesso stabilimento.
4) Spezie. Sono stati esaminati i tipi di pepe (bianco, nero), le spezie e il vino aggiunti agli impasti.
5) Salami. Sono stati analizzati salami appena preparati e dopo 15 gg. di stagionatura. Il tipo di salami esaminati era a macinatura media, stagionati per 90 gg.
6) Prosciutti. Sono stati sottoposti alla ricerca di OA prosciutti non marchiati dello stesso lotto prodotti nel Parmense. Si sono esaminate frazioni superficiali dei prosciutti in corrispondenza delle coscie (cotenna), dell’anchetta, dell’osso del femore e di tessuto muscolare interno per un totale di 12.
Tecniche analitiche utilizzate per la determinazione di OTA
La determinazione dell’ocratossina A è stata eseguita, per sicurezza, in tre laboratori diversi adottando le tecniche indicate da Spotti e coll. (2001) e da Matrella e coll. (2006).
Analisi micologiche
Porzioni di budelli e di pepe delle superfici di prosciutto sono state insemenzate con terreni di coltura, come indicato da Larsen e coll. (2001).
Risultati
Nella tabella 8 sono riportate le concentrazioni di ocratossina A rilevate sulla superficie esterna di insaccati e nei relativi impasti espressi in µg/kg. Non si è riscontrata ocratossina nelle carni usate per preparare gli impasti, ma l’ocratossina è stata ritrovata negli impasti stagionati in concentrazioni comprese tra 1,37 e 10,6 µg/kg, mentre sulla superficie dei budelli si sono ritrovate concentrazioni di ocratossina estremamente elevate (521-1740 µg/kg).
Nel secondo lotto di salami viceversa non si sono rilevate ocratossine sia negli impasti che sulla superficie di budelli e ciò si spiega, come verrà dimostrato di seguito, dalla presenza sulla superficie dei budelli di miceti produttori di ocratossina A.
Nella tabella 9 sono indicate le concentrazioni di ocratossina A in campioni prelevati dal commercio: in alcuni dei campioni esaminati si sono riscontrate concentrazioni superiori ai limiti di sensibilità dei metodi analitici utilizzati.
Nella tabella 10 sono riportate le concentrazioni di ocratossina A riscontrate sulla superficie e nel tessuto muscolare di prodotti crudi stagionati. In particolari concentrazioni comprese tra 0,28 e 297 µg/kg si sono ritrovate nella zona dell’anchetta e nella noce. Nel tessuto muscolare, invece, si sono riscontrate concentrazioni contenute comprese tra 0,1 e 0,2 µg/kg (limite di sensibilità del metodo 0,1 µg/kg).
Quanto alla flora micetica, sui budelli di salami si è riscontrata la presenta di Mucorales spp., di Penicillium nalgiovensis (ceppo starter) e di Penicillium nordicum.
Sulla superficie dei prosciutti si è evidenziata solo la presenza di spore Aspergillus fumigatus e A. flavus non produttrici di ocratossina.
Considerazioni e conclusioni
Poiché la presenza di ocratossina A in prodotti di salumeria è stata accertata di nuovo e in quantità elevata, è opportuno considerare la questione dettagliatamente. Il primo aspetto riguarda la distribuzione della contaminazione della ocratossina A. Questa è localizzata sulla superficie dei salumi. Infatti le muffe si sviluppano solo superficialmente producendo tossine e la loro penetrazione è limitata a pochi millimetri dalla superficie (budello o cotenna) (Dragoni e coll., 1979; Spotti e coll., 1999, 2001).
Il suo reperimento all’interno è conseguente al trascinamento della tossina durante il prelievo della aliquota da esaminare. Infatti i dati sulla sua presenza nelle carni suine sono sempre stati negativi sia in questo lavoro che e in altri (Cantoni e coll., 2004; Matrella e coll., 2006).
Solitamente l’agente biologico produttore di tossina nei salumi è riconducibile a Penicillium nordicum e, raramente, a miceti del gruppo Aspergillus ochraceus e della specie A. alliaceus.
I ceppi di penicilli produttori di ocratossina sono P. verrucosum, P. nordicum, costituendo due ampi gruppi.
Le specie appartengono alla serie Verrucosa, subgenere Penicillium.
P. verrucosum e P. nordicum sono miceti a crescita lenta, con colonie simili per diametro. Dopo la loro crescita in vari terreni colturali, per aspetto morfologico possono essere nettamente distinti l’uno dall’altro: in base alla diversa produzione di metaboliti secondari, per la maggiore quantità di ocratossina prodotta da P. nordicum in molte condizioni di laboratorio e perché le colture di P. verrucosum presentano un colore del rovescio marrone scuro intenso quando si sviluppano su YES agar, mentre colture di P. nordicum presentano un rovescio di colore crema pallido, o giallo opaco su YES agar.
Altro carattere distintivo riguarda l’origine, in quanto P. nordicum viene isolato costantemente da prodotti carnei e P. verrucosum da vegetali e ciò indica che le due specie occupano due differenti nicchie ecologiche a differenza da quanto accertato da Frisvad e coll. (1999).
Quanto alla pericolosità per il consumatore per la possibile ingestione di ocratossina dagli alimenti, le attuali conoscenze mediche riconoscono come, in base ad alcuni studi epidemiologici, esista una correlazione tra esposizione alla ocratossina A e “nefropatia balcanica endemica”, nefrite progressiva riscontrata in aree limitrofe al Danubio.
In uno studio condotto in Bulgaria, Castegnaro e coll. (1987) hanno segnalato l’esistenza di una correlazione tra contaminazione del cibo e concentrazione in fluidi biologici di ocratossina A e nefropatia balcanica, osservando, inoltre, un’elevata incidenza di neoplasie del tratto uroteliale urinario.
La comunità scientifica è tuttavia concorde nel riconoscere la nefropatia balcanica come una patologia per ora a eziologia sconosciuta.
L’Agenzia internazionale per la ricerca sul Cancro stabilisce per l’ocratossina A: 1) l’evidenza insufficiente per la cancerogenicità nell’uomo della ocratossina A; 2) la sufficiente evidenza negli animali da esperimento; 3) pone la ocratossina nel gruppo 2B che considera la possibile, ma non dimostrata, cancerogenicità per l’essere umano (uomo in particolare).
Gli effetti tossici negli animali in studi sperimentali sono: danni renali, nefropatie e immunosoppressoria in numerose specie animali, potente teratogeno sulle specie animali testate, effetti negativi sul sistema immunitario, effetto genotossico sia in vivo che in vitro.
Dal punto di vista normativo per i prodotti carnei è stato indicato un limite prudenziale di 1 µg/kg considerato lo scarso apporto di ocratossina da parte degli alimenti carnei.
Tenendo presente la vasta e possibile presenza naturale della ocratossina A in alimenti e mangimi con ingestione media di 12 ng/kg peso corporeo/giorno e comparando il dato con la dose provvisoria tollerabile giornaliera ingeribile (PTDI) proposta dalla WHO cioè di 100 ng OA/kg peso corporeo/giorno (JEFCA, 2001), la quantità media ingerita sembra piuttosto bassa e gli alimenti causa di maggiore ingestione sono i cereali e i prodotti derivati.
Ma a parte l’aspetto della cancerogenicità, basandoci sulla letteratura disponibile, i processi coinvolti nella tossicità della OA in senso lato sono pur sempre: 1) l’inibizione della respirazione mitocondriale correlata all’esaurimento dell’ATP; 2) inibizione della tRNA sintetasi accompagnata alla riduzione della sintesi proteica (azione immunosoppressiva); 3) aumento della perossidazione lipidica per la formazione di radicali liberi.
Tutto ciò induce quindi a operare affinché il tasso della ocratossina rimanga a bassi livelli o che sia assente.
Attualmente non è noto quale sia la diffusione della tossina nei salumi, sebbene, in base ai pochi dati in nostro possesso, sembra assai limitata.
È tuttavia indispensabile poter condurre un’indagine approfondita per risolvere l’interrogativo. Tecnicamente è oggi facile individuare la presenza dei miceti ricorrendo alla individuazione delle muffe presenti sulla superficie di insaccati e prosciutti crudi con l’impiego di DRBC (dichloran rose bengal chloramphenicol agar), di DRYES (dichloran rose bengal yeast extract sucrose agar); per la determinazione di P. verrucosum e P. vindicatum che producono un rovescio color porpora; di potato dextrose agar e di YES (yeast extract sucrose agar), eseguendo le rilevazioni dopo 15 gg. dall’inizio della stagionatura.
Si dovrà, infine, procedere alla determinazione della tossina OA con il metodo Elisa e con la tecnica HPLC.
Translation - English Observations on the presence of ochratoxin A in meat and associated products
Carlo Cantoni, Luca Maria Chiesa, Serena Milesi
Ochratoxin A is to be found on the skin of raw salami and on some of the external parts of cured hams. Quantities can be high. Although contamination has proved to be sporadic it is advisable to carry out more thorough investigations on this kind of contaminant.
Mycotoxines are secondary fungal metabolites and are of great interest for their impact on health and hygiene issues. Once the contaminants have developed, their concentrations range from nanograms to micrograms per gram of food product.
Ochratoxins (OA or OTA) that and are produced by certain species of Aspergillus and Penicillium are the main and major group of mycotoxines identified after the discovery of aflatoxins (van der Merwe et al., 1965 a, b).
There are 11 different identified toxigenic ochratoxins:
1) ochratoxin A;
2) ochratoxin B;
3) ochratoxin C;
4) ochratoxin A methyl ester;
5) ochratoxin B methyl ester;
6) ochratoxin C methyl ester;
7) ochratoxin alfa;
8) ochratoxin beta;
9) (4R)-hydroxy ochratoxin A;
10) (4S)-hydroxy ochratoxin A;
11) hydroxy ochratoxin A.
Ochratoxin A is the most common and has important implications for human health. Studies on test animals proved that OA causes carcinogenic and immunotoxic effects (Kuiper-Goodman et al., 1972). The occurrence of the toxin both in food and feed is widespread (Krogh e coll., 1982) and , under certain conditions its nephrotoxic, hepatotoxic and teratogenic effects can afflict monogastric animals.
Pigs and birds are particularly vulnerable to the toxin that causes kidney pathologies, while polygastric animals like cows, sheep and goats appear to be less vulnerable due to the ruminal microorganisms that neutralize OA.
With regards to human beings it is believed to be the cause for nephrotoxic effects and also the cause of tumors in the urinary tract in populations with low contents of selenium in their diet (Krogh et al., 1977; Pavlovic et al., 1977; Maksimovic et al., 1991) or even in the genital-urinary tract when OA associates with other harmful agents like heavy metals, bacterial and viral localized infections or even pliocenic fossil coal (Pfohl-Leszkowicz et al., 2002).
Cereals contribute from 50 to 80% of the acceptable daily intake of OA that has been worked out to be 5 ng/kg of body weight.
Production
The fungi that produce ochratoxin A are of the Aspergillus and Penicillium strains.
The toxigenic aspergillus are comprised:
a) in the section Circumdati (previously group A. Ochraceus) and precisely A. ochraceus, A. alutacens, A. melleus, A. auricomus, A. ostianus, A. petrokii, A. sclerotiorum, A. sulphurens;
b) in the section Flavi where A. alliaceus and A. albertensis are placed
c) in the section Nigri, with a few variations of A. niger and A. carbonarius ( previously part of the group Aspergillus niger). It has recently been observed that ochratoxins are produced by A. japonicus, a fungus with black mycelium (Medina e coll., 2005) and from A. glaucus.
The known strains of Penicillium that produce Ochratoxin A are: Penicillium verrucosum (Pitt, 1987), P. viridicatum (Borman et al., 2002), P. cyclopium (Lund et al., 2003) and especially P. nordicum.
This Penicillium is the most common fungi of the ochratoxin producer strains to be found on salami and was described for the first time by Dragoni and Cantoni (1979) (Ramirez, 1985). It is also the most active producer of all OTA producers (Larsen et al., 2001).
Ochratoxins in meat and processed meat products.
The first reports on the presence of Ochratoxin A in processed meat products were published in 1976 by Krogh, other reports were published by Madsen et al. (1982), Cantoni et al. (1982 a,b), Jusziewicz et al. (1984), Mortensen et al. (1983), Pepeliniak. et al. (1995), Sreemannarayama et al. (1988), Bauer et al. (1987), Kuiper-Goodman et al. (1979), Scheuer (1989), Roseau et al. (1989), Tesch et al. (1993), van Egmond et al. (1994), Jomonsky et al. (1994), Lusky et al. (1997), Lusky et al. (1995), Scheuer et al. (1997), Jorgensen (1998), Jorgensen et al. (2002), Curtui et al. (2001), Spotti et al. (2001), Cantoni et al. (1982 a,b, 2004), Zannotti et al. (2001), Matrella et al. (2006).
For the purpose of finding out the possible concentration levels of OA in meat, guts and processed meat products, almost all the studies were carried out on pigs that are the animals with the highest contamination rates from OA.
OA, after being ingested with the contaminated feed (cereals), is absorbed in the small intestine during the first part of the digestive process and is then bound to sierum albumin and to an unidentified macromolecule in the blood (Hult et al., 1986).
The half-life of the toxin in the blood of pigs has been estimated to range between 72 and 120 hours (Galtier et al., 1981). The highest concentrations of ochratoxins are to be found in the bloodstream, while frequency of localization in the tissues occurs in the following decreasing order: liver, kidney, muscles and fat.
The first assessments on occurrences of OA in meat and processed pig-meat products were carried out in Germany by the Federal Centre of Research on Meat in Kulmbach. OA was found in 19% of cooked sausages, blood puddings, liver sausages and würstels (Scheuer, 1989). The detected concentrations were 0,1-3,4 ng/g.
A later study, carried out on other kinds of meat (Gareis et al., 2002), produced the results reported in Tables 1 and 2.
Table 3 reports the findings of Curtui et al., (2001), regarding the distribution of OA in samples of pork.
The levels of OA detected by these researchers are comparable to those detected by the other researches mentioned above. The levels detected were always lower than the maximum levels allowed in Romania (5 ng/g).
Table 4 reports the concentrations of ochratoxin A in the meat of different kinds of animals as detected by Jorgensen in 1998 in Denmark.
Table 5 reports the findings of Jorgensen and Petersen (2002) with regards to concentrations of ochratoxin A found in pigs meat and kidneys.
Table 6 reports the findings according to Zannotti et al., (2001) with regards to concentrations of ochratoxin A.
Table 7 reports the findings of Cantoni et al. in 2004 with regards to concentrations of ochratoxin A in various kinds of salami.
In another case, following reports on the presence of ochratoxin A in a batch of salami produced in one particular firm and in an unbranded batch of raw and cooked ham originating from one single producer, an investigation was carried out to determine the cause of the contamination, the actual levels of ochratoxin A on the surface of the processed meat products (hams and salami), in the fresh pork-meat used for the production of ham and in the mixtures for the manufacturing of the salami.
Methods and Materials
The samples examined and the investigation pattern: searching for OA
1) Salami. In order to establish the presence of ochratoxin A three groups of portions of gut taken from a batch of salami were tested. The portions, having been previously mixed together, underwent extraction of OA and assessment of its dosage.
2) Meat. Three samples of meat were taken from batches used to make the mixtures in the same farm.
3) Mixtures. Samples were taken from mixtures prepared for six salami out of the same batch and same production plant.
4) Spice. Examination was carried out on the kinds of pepper (white and black), on all the spices and on all the wines added to the mixtures.
5) Salami. Examination was carried out on just-made salami and on salami that had undergone a 15-day curing process. The type of salami examined had a medium sized mince grain and was of the kind to be cured for 90 days.
6) Hams. Investigation to detect OA was carried out on unbranded hams of the same batch that had been prepared in the Parma region. Examination was carried out on a total of 12 different surface sections of ham taken from the thigh (rind), the "anchetta" bone, the thighbone and from the internal muscle tissue.
Analysis techniques used for the determination of OTA
Determination of ochratoxin A was carried out in three different laboratories and the techniques used were the ones recommended by Spotti et al. (2001) and by Matrella et al. (2006).
Mycologic analysis
Portions of bowels and pepper taken from the surface were fed on a culture medium as prescribed by Larsen et al. (2001).
Results
Table 8 reports concentrations of ochratoxin A detected on the surface of salami and in the related meat mixture expressed in µg/kg. No ochratoxin was detected in the meat used in the salami mixture but ochratoxin was found in the cured mixtures with concentrations ranging from 1.37 through 10.6 µg/kg, while extremely high concentrations of ochratoxin were detected (between 521 and 1,740 µg/kg) on the gut skin of the salami surface.
In the second batch of salami instead, ochratoxin was neither detected in the mixture nor on the gut skin of the salami and this can be explained, as it will be demonstrated further on, by the presence on the gut surface of the salami of ochratoxin A producing fungi.
Table 9 reports concentrations of ochratoxin A found on samples taken from retailers: in a few of the samples examined concentrations were so high they exceeded the measuring range of the analysing method used.
Table 10 reports concentrations of ochratoxin A found on the surface and in the muscle tissue of raw cured products. Concentrations found near the “anchetta” bone and near the “nut”, the thighbone head, ranged between 0.28 and 297. In the muscle tissue instead concentrations of ochratoxin A were limited between 0,1 e 0,2 µg/kg (the detectable limit of the measuring method being 0.1 µg/kg).
As for the fungi flora on the gut surface of salami, presence of Mucorales spp. from Penicillium nalgiovensis (starter strain) and Penicillium nordicum was detected.
Only spores of Aspergillus fumigatus and A. flavus that are not producers of ochratoxin A were found on the surface of hams.
Observations and results
Since the presence of ochratoxin A in salami and ham products has been established once again and in high concentrations, it is advisable to consider the issue in detail. The first aspect regards the distribution of ochratoxin A contamination. The contamination is localized on the surface of salami and hams. Mould in fact develops only on the outside and produces toxins which have a penetrating power limited to a few millimitres from the surface (gut skin on salami and rind on hams) (Dragoni et al., 1979; Spotti et al., 1999, 2001).
When the toxin is found inside it is as a result of it being smeared or injected accidentally during the sampling stages. The toxin in swine meat has never been found, neither in this investigation nor in others (Cantoni et al., 2004; Matrella et al., 2006).
Usually the biological agent responsible for the production of toxins in salami is ascribable to the Penicillium nordicum and seldom to fungi of the Aspergillus ochraceus and A. alliaceus groups.
The ochratoxin producer strains of penicillium are P. verrucosum and P. nordicum that constitute two very broad groups.
The species are part of the Verrucosa series, subgenus Penicillium.
P. verrucosum and P. nordicum are slow growing fungi which develop colonies having similar diameters.
After having grown in different culture mediums they can be easily distinguished one from the other either by their morphologic aspect, or according to the different production of secondary metabolites, or for the greater quantities of ochratoxin produced by P.nordicum in many different laboratory conditions and because the growths of P. verrucosum have an intense dark brown back colour when grown on YES agar while P. nordicum cultures have a light cream or dull yellow back colour when grown on YES agar.
Another distinguishing feature is related to the origin of the two. P. nordicum is constantly being isolated from meat products while P. verrucosum from vegetable products. This means, contrary to the claims of Frisvad et al.. (1999), that the two different species occupy two different echological niches.
With respect to the threat posed to consumers’ health from chance ingestion of ochratoxin in food the up to date medical knowledge recognizes that, according to certain epidemiologic studies there appears to be a correlation between exposure to ochratoxin A and “Balkan Endemic Nephropathy”, a progressive nephropatology which seems to be common in certain regions along the shores of the Danube.
In a study conducted in Bulgaria, Castegnaro et al. (1987), pointed out a correlation between food contamination and concentrations of ochratoxin A in biologic fluids and Balkanic Nephropathy, and also observed a high incidence of urothelium and urinary-tract tumors.
The scientific community however agree that Balkanic Nephropathy is a pathology of unknown aetiology.
With regard to ochratoxin A the International Agency for Research on Cancer has established:
1) insufficient evidence for it to be considered carcinogenic to humans; 2) sufficient evidence of its carcinogenicity in test animals; 3) Ochratoxin A to be placed in group 2B which means it is considered as possibly carcinogenic to humans (men in particular), not proved.
The observed toxic effects developed on animals in the course of experimental tests are: kidney damage and immunosuppressive activity, powerful teratogenic effect, negative effects on the immune system, genotoxic effect both in vivo and in vitro.
From the point of view of legislation for meat-derived food, a prudential limit of 1 µg/kg has been set which takes into account the low contribution of ochratoxins from meat food.
If the vast and possible natural presence of ochratoxin A in food and feed, with an average daily intake of 12 ng/kg per body weight per day is taken into account and if that quantity is compared with the PTDI (Provisional Tolerable Daily Intake) proposed by WHO, 100 ng OA/Kg per body weight per day (JEFCA, 2001), the average ingested quantity appears to be quite low and that the food responsible for the greatest intake are cereals and their derived products.
Nevertheless, even without taking the carcinogenic aspect into account, the available literature proves that the processes involved in the toxicity of OA cause: 1) inhibition of mitochondrial respiration correlated with a depletion of ATP; 2) inhibition of tRNA-synthetase accompanied by a reduced protein synthesis (immunosuppressive action); 3) enhanced lipid peroxidation for the generation of free radicals.
The available information therefore suggests that the best approach would be to keep levels of ochratoxin as low as possible if not altogether annul them.
The spreading rate of the toxin in salami is not known at the moment although according to available data it appears to be extremely slow. It is however of the greatest importance that a thorough investigation should be conducted to answer the question.
Nowadays it is technically easy to detect the presence of fungi by identifying the moulds on the skin surface of salami and raw hams with the use of DRBC (dichloran rose bengal chloramphenicol agar), DRYES (dichloran rose bengal yeast extract sucrose agar) for the identification of P. verrucosum and P. vindicatum which produce a purple red back colour or by using potato dextrose agar and YES (yeast extract sucrose agar) and then gathering the data after 15 days from the beginning of the curing period. Lastly Elisa and HPLC methods will have to be used to determine the amounts of OA toxins.
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