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Brenda Morini
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Italy
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English to Italian: Capecitabine Plus Oxaliplatin compared with Fluorouracil and Folinic Acid as Adjuvant Therapy for Stage III Colon Cancer
General field: Medical
Source text - English
Purpose
This multicenter, randomized trial compared capecitabine plus oxaliplatin [XELOX] with bolus fluorouracil (FU) and folinic acid (FA) as adjuvant therapy for patients with stage III colon cancer.

Patients and Methods

Patients who had undergone curative resection were randomly assigned to XELOX (oxaliplatin 130 mg/m2 on day 1 plus capecitabine 1,000 mg/m2 twice daily on days 1 to 14 every 3 weeks for 24 weeks) or a standard bolus FU/FA adjuvant regimen (Mayo Clinic for 24 weeks or Roswell Park for 32 weeks). The primary study end point was disease-free survival (DFS).

Results
The intention-to-treat population comprised 1,886 patients; 944 patients were randomly assigned to XELOX and 942 to FU/FA (Mayo Clinic, n=664; Roswell Park, n=278). After 57 months of follow-up for the primary analysis, 295 patients (31.3%) in the XELOX group had relapsed, developed a new primary colon cancer, or died compared with 353 patients (37.5%) in the FU/FA Group (hazard ratio [HR] for DFS, 0.80; 95% CI, 0.69 to 0.93; P=0045). The 3-year DFS rate was 70.9 % with XELOX and 66.5% with FU/FA. The HR for overall survival (OS) for XELOX compared to FU/FA was 0.87 (95% CI, 0.72 to 1.05; P= 1486). The 5-year OS for XELOX and FU/FA were 77.6% and 74.2% respectively. Follow-up is ongoing. Preplanned multivariate and subgroup analyses supported the robustness of these findings.
Translation - Italian
Scopo
Questo studio multicentrico, randomizzato ha confrontato capecitabina in associazione a oxaliplatino (XELOX) con la somministrazione di fluorouracile (FU) e acido folinico (FA) in bolo come terapia adiuvante per pazienti con carcinoma del colon di stadio III.
Pazienti e metodi
I pazienti che avevano subito una resezione curativa sono stati assegnati in maniera randomizzata al trattamento XELOX (oxaliplatino 130 mg/m2 il giorno 1 e capecitabina 1000 mg/m2 due volte al giorno nei giorni da 1 a 14 ogni 3 settimane per 24 settimane) o al regime adiuvante di FU/FA in bolo (secondo i regimi terapeutici della Mayo Clinic per 24 settimane o Roswell Park per 32 settimane). L’end-point primario dello studio è stato la sopravvivenza libera da malattia (DFS).
Risultati
La popolazione ITT (intention-to-treat) comprendeva 1886 pazienti; 944 pazienti sono stati randomizzati a XELOX e 942 a FU/FA (secondo i regimi terapeutici della Mayo Clinic, n=664; Roswell Park, n=278). Dopo 57 mesi di follow-up per l’analisi primaria, 295 pazienti (31,3%) del gruppo XELOX avevano avuto una recidiva, sviluppato un nuovo carcinoma primario del colon, o erano morti rispetto ai 353 pazienti (37,5%) del gruppo FU/FA [Hazard Ratio (HR) per la DFS 0,80; IC al 95%, 0,69 fino a 0,93; P=0045]. Il tasso di DFS a tre anni è stato 70,9% con il gruppo XELOX e 66,5% con quello FU/FA. L’HR per la sopravvivenza globale (OS) per XELOX rispetto a FU/FA è stata 0,87 (IC al 95%, 0,72 fino a 1,05; P=1486). La sopravvivenza globale (OS) a cinque anni per XELOX e FU/FA è stata 77,6% e 74,2% rispettivamente. Il follow-up è in corso e le analisi multivariate e quelle per sottogruppi precedentemente pianificate hanno sostenuto la solidità di questi risultati.
Italian to English: Storial dell'aceto balsamico e specifica tecnica ABTM extravecchio
General field: Other
Source text - Italian
Storia dell’Aceto Balsamico
A seguito dei primi contatti commerciali e poi della conquista della Magna Grecia da parete Romana la cultura del vino e dell’aceto si trasmise a Roma, che, forte del suo sviluppo commerciale e culturale favorì una notevole crescita anche al settore enogastronomico. Durante tutto il periodo che vide il mediterraneo sotto il controllo romano “l’acetabulum” (l’ampolla contenente aceto) era sempre presente su tutte le tavole e si diffuse sempre di più la produzione di aceti ‘speciali’ e di aceti ‘aromatici’.
Le radici dell’aceto Balsamico sono però da ricercare nella cottura del mosto, una pittura funeraria rinvenuta in Egitto testimonia come questa pratica per la produzione della prima sostanza dolcificante utilizzata in area mediterranea risalga a tempi molto lontani, almeno 1000 a.C. Anche per quanto riguarda il mosto cotto l’epoca romana risulta essere un periodo di grande sviluppo tanto più che esisteva un verbo specifico per indicare l’attività di cottura del mosto “defrutare”.
L’agronomo Lucio Columella nella sua descrizione della fattoria ideale nel I secolo d.C. inerisce anche una specifica cella defrutaria. Virgilio (70 a.C – 19 a.C) nel primo libro delle Georgiche descrivendo una casa contadina della sua Mantova, città che rientrava nell’area emiliana in periodo romano, scrive: “ è autunno … la donna siede al telaio tesse e canta oppure cuoce il mosto, il dolce succo, sul fuoco togliendo attentamente con una frasca la schiuma dal liquido ribollente sul paiolo”. Sempre Lucio Columella nel suo De Rustica scrive “Questo appena raffreddato viene trasferito e riposto nelle botti affinché possa essere usato dopo un anno”.
Tutti questi indizi lasciano ipotizzare che il moderno Aceto Balsamico Tradizionale abbia le suo origini in periodo romano, non è però possibile ipotizzare le caratteristiche di questi prodotti di cui probabilmente esistevano una pluralità di ricette con notevoli differenziazioni locali tra cui l’area emiliana aveva una sua vocazione autonoma largamente apprezzata. La tendenza a gusti forti e ben distinti tipici dell’epoca classica a tardoantica lasciano ipotizzare che questi prodotti pur rappresentando i predecessori del moderno aceto avessero caratteristiche piuttosto differenti.
Nel periodo medievale in particolare a Sud delle Alpi si continuò a fare largo uso di aceti ed inoltre si diffuse notevolmente l’uso delle botti in legno, contenitore di origine Celtica (http://www.fisarlatina.it/2010/02/15/la-storia-delle-botti/) poco diffuso in epoca romana, la natura prevalentemente marinara degli scambi commerciali faceva preferire di gran lunga le anfore in terracotta.
La diffusione della cultura cortese e cavalleresca portò sulle tavole dei nobili la predilezione per sapori più acidi e contrastati determinando il prevalere dell’agresto (http://www.cucinamedievale.it/2009/11/agresto/) mentre l’uso degli aceti rimase ben radicato sulle tavole contadine.
Dal XIV secolo con il Rinascimento le preferenze alimentari subirono una profonda rivoluzione, creando vere e proprie mode che a partire dall’Italia si diffusero in tutte le corti europee. I banchetti dei signori si trasformarono in veri e propri rituali di potere e furono caratterizzati da crescente lusso e sontuosità. Le tavole venivano imbandite con stoviglie monumentali e pezzi di oreficeria ed anche le portate partecipavano allo spettacolo non solo con il loro sapore ma anche attraverso “effetti speciali”: colombe vive che uscivano dalle portate, giuochi di luce con fuochi d’artificio. Il servizio dei piatti seguiva via via un rituale sempre più rigido con precisi significati gerarchici. Anche i condimenti subirono uno stravolgimento sia per la maggiore sperimentazione che per la crescente disponibilità di spezie orientali.
La svolta agrodolce della gastronomia aristocratica rinascimentale assicurò l’inizio della fortuna del “balsamico”, o meglio dei “balsamici” molte erano le ricette esistenti, condimento raffinato e costoso, in grado di aggiungere morbidezza alle nuove pietanze senza urtare il gusto con acidità eccessiva. Il Modenese ed il Reggiano si affermarono già da allora come aree privilegiate di produzione. Diventando sempre più un prodotto di eccellenza della corte Estense( duchi di Ferrara, Modena e Reggio) noto in tutta Europa. A tale condimento venivano assegnate anche proprietà medicamentose, si narra che Lucrezia Borgia, duchessa di Ferrara, nel 1500 lo richiese per lenire le doglie del parto.
Quando nel 1598 Modena diventò capitale del Ducato Estense i duchi portarono da Ferrara i loro aceti che si integrarono con le ricette tipiche della nobiltà locale, particolarmente apprezzate dai Duchi che subito si appropriarono del condimento. Probabilmente dalla fusione di queste tradizioni nacque un aceto balsamico che presentava caratteristiche e modalità realizzative corrispondenti a quello attuale. Non a caso proprio a partire da questo momento la documentazione storica risulta molto più dettagliata.
E' del 1597 una lettera del procuratore di corte Giovanni Francesco Vezzali diretta al fattore generale di corte signor Ercole Estense Mosti riguardante l'acquisto di Trebbiano per le accette. L'anno successivo il governatore ducale Giovanni Battista Contugo, in una lettera indirizzata alla Camera ducale avverte di aver trovato le uve idonee ad accomodare le acetaie. Il fatto che il duca fosse così attratto dal balsamico significa che, evidentemente, avesse modo di assaggiarne di maturo, quindi botti di aceto dovevano esistere a corte già da lungo tempo. In base alle testimonianze scritte, troviamo citato per la prima volta il termine "balsamico" soltanto in un registro della cantina ducale del 1747; in questo si ordina il trasloco dell'aceto da una cantina segreta alla camera del prato, luogo storico per il balsamico, situata nel torrione ad ovest della facciata del palazzo ducale.
Nel 1764 il Gran cancelliere di Moscovia, inviato dalla zarina Caterina la Grande in missione diplomatica nelle capitali europee giunto a Modena chiese di spedire a Mosca alcune bottigliette di Balsamico. Nel 1792 in occasione dell’incoronazione dell’arciduca Francesco II d’Austria, il Duca Ercole III d’Este ritenne che il suo secolare aceto fosse degno di essere inviato in dono all’imperatore nella modesta misura di un flacone.
Nel 1803 con l’occupazione francese le batterie ducali furono vendute all’asta, ma il patrimonio non andò perduto in quanto vennero acquistate dalla nobiltà locale per arricchire ciascuno la sua acetaia; con il ritorno dei duchi l’acetaia venne in parte ripristinata ma nel 1862 con l’annessione al regno d’Italia Vittorio Emanuele contribuì alla rovina delle acetaie ducali, requisendo i vaselli migliori ed inviandoli a Moncalieri, dove si estinsero per esaurimento e per la muffa sviluppatasi a causa dell’inadeguatezza del clima; non era mai successo che botti d’aceto diventassero parte di un “bottino” di un re vittorioso.
Questo “furto” si trasformò come tante volte accade in una fortuna per il balsamico, l’enologo di casale Monferrato infatti, per cercare di salvare le batterie requisite dal re, chiese all’appassionato ed esporto produttore Francesco Agazzotti(1811-1890) indicazioni su come gestire le batterie di balsamico. La risposta contenuta in una celebre lettera rappresenta la prima descrizione scritta e completa del ciclo di produzione ed ancora oggi è stata utilizzata per la definizione del disciplinare di produzione dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.
Da questo momento la tradizione del balsamico venne portata avanti dall’aristocrazie terriera locale che aveva da sempre avuto le proprie acetaie anche se meno note di quelle ducali. A questa tradizione si affianca quella contadina che pur non potendosi permettere la produzione di un condimento così pregiato ha continuato a sviluppare quella che era la ricetta dei condimenti balsamici medievali e che oggi si ritrova nel Aceto Balsamico di Modena I.G.P.
Fino a tutta la prima metà del 1800 l’aceto balsamico rimane comunque un peculiarità del territorio quasi del tutto sconosciuto all’esterno ad eccezione di alcuni estimatori, a seguito dell’Unità d’Italia la crescita del commercio nazionale e della presenza dei prodotti italiani in Europa favorisce la nascita di una produzione indirizzata al commercio. Nel 1861 l’aceto della famiglia Giusti fu portato all’esposizione di Firenze, nel 1885 e 1891 il balsamico ottenne riconoscimenti e premi a Vienna e le successive esposizioni di Genova e Bruxelles segnarono la definitiva sprovincializzazione delle produzioni emiliane balsamico in testa.
In questa fase le prime dinastie di produttori, seppure all’interno del solco scavato dalla tradizione, avevano ciascuna la propria ricetta e la propria peculiarità, si poteva pertanto parlate di balsamici Modenesi. Solamente nel 1967 con la nascita della “Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena” viene definita una metodologia di produzione comune, scritta utilizzando come base la citata lettera dell’Agazzotti, vengono inoltre definiti una serie di parametri qualitativi che devono essere rispettati sebbene come richiesto dalla tradizione sia lasciato un adeguato margine di liberta ai produttori per garantire a ciascuno la possibilità di caratterizzare il proprio prodotto. Nell’epoca della globalizzazione la storia millenaria del balsamico non ha permesso l’omologazione che tanto piace al commercio, anche oggi pertanto esistono tanti balsamici quanti sono i produttori e ciascuna ampolla ha un’impronta unica ed irripetibile.

Ampolla ABTM Extravecchio 100cc

Ottenuto esclusivamente da mosto di uva privo di qualunque altro componente si produce una lenta acetificazione, derivata da una naturale fermentazione e da una progressiva concentrazione. L'Aceto Balsamico Tradizionale sviluppa la sua fragranza nel lunghissimo affinamento in serie di botticelle (dette batterie) di diversi tipi di legno. Il disciplinare vieta di indicare esattamente gli anni di invecchiamento del prodotto, l'indicazione “extravecchio” infatti identifica non solo un affinamento non inferiore ai 25 anni ma garantisce anche un eccellente livello gusto-olfattivo del prodotto.
L’extravecchio si presenta con un colore bruno scuro carico intenso, sciropposità consistente, acidità elevata e ben equilibrata, profumi lunghi, delicati, ma persistenti, sapore unico inimitabile. Ottimo da solo, servito su un cucchiaino come aperitivo o digestivo, per profumare formaggi, il parmigiano su tutti, ma non disdegna pecorini, ragusani, robiole, sui risotti, ancora sulle carni, interessante l’uso sui crostacei e ovunque la fantasia e il palato si vogliano sbizzarrire.
Prima del confezionamento infatti ciascuna ampolla viene esaminata da una commissione composta da esperti degustatori, che ha il compito di attestare l'idoneità all'utilizzo della Denominazione di Origine Protetta. La scheda di valutazione è inserita nella confezione.
Translation - English
History of Balsamic Vinegar

After the conquest of Magna Graecia by the Romans and the first trade negotiations, the wine and vinegar culture became popular in Rome, which could boast of its strong business and cultural development and favoured a great growth of the food and wine industry. Under the Roman rule of the Mediterranean, the acetabulum (the vinegar cruet) was found on any dining table and the production of “special” and “aromatic” vinegars became widespread.
The roots of Balsamic Vinegar were found in the cooked must and an Egyptian funerary painting demonstrates that the production of the first sweetener used in the Mediterranean area dates back to long time ago, at least to 1000 B.C. Even for the cooked must the Roman era was a great one and there was a specific verb referring to this action called defrutare.
The agronomist Lucius Columella, when describing the ideal farm in the first century AD, mentions a cella defrutaria (a cellar where wine is boiled). Virgil (70 B.C.-19 B.C.) in the first book of The Georgics where he describes a farm in his home town Mantua, which was part of the Emilia region in the Roman era, writes: “it is autumn… his wife solaces herself with singing over her endless labour, running the noisy shuttle through the warp, or boiling down the sweet juice of grape must, on the fire, while skimming the cauldron’s boiling liquid with a leaf”. Lucius Columella in his De Re Rustica writes: “this (the cooked must), once cooled, is poured into the barrels so that it can be used after one year”.
This evidence may prove the modern balsamic vinegar originates from the Roman era, but it is not possible to know the characteristics of these products, probably since there was a wide range of recipes with many local differences and in the Emilia region there was a popular and highly appreciated autonomous tradition. The love for strong and clear flavours, which were typical of the classical age and late Antiquity, may lead us to believe that these products, despite being the predecessors of the modern vinegar, had different characteristics.
In the Middle Ages, especially in the south of the Alps, vinegars were still much used and more importantly wooden barrels started to become popular; they were Celtic containers (http://www.fisarlatina.it/2010/02/15/la-storia-delle-botti/), quite unknown in the Roman era. Due to sea trade, terracotta amphoras were the most used.
Once chivalric culture and the romantic era became widespread, noble families preferred more sour flavours, such as verjuice (http://www.cucinamedievale.it/2009/11/agresto/), whereas farmers continued to prefer vinegars.
At the beginning of the 14th century during the renaissance era, food preferences changed radically and new trends developed in Italy and all through the European noble courts. Lords’ meals became a time to expose their wealth and these sittings became more and more luxurious. On the table you could find lavish cutlery, pieces of silverware and even dishes were served with some “special effects”: flying doves, games of light with fireworks and so on. Serving dishes then, started to follow a fixed hierarchical scheme. Also condiments underwent a remarkable change due to the availability of eastern spices and new tests.
The sweet and sour revolution of the aristocratic food industry in the Renaissance led balsamic vinegars, since there were many recipes, to success. They were expensive and refined condiments able to sweeten new dishes without being too acid. Modena and Reggio Emilia soon became famous production areas and step by step balsamic vinegar turned into the highest quality product of the Estensi Court (the dukes of Ferrara, Modena and Reggio Emilia), well-known all over Europe. This condiment was believed to act as a medicine as well; legend has it that in 1500 the duchess of Ferrara, Lucrezia Borgia, asked for it to soothe her labour pains.
In 1598, when Modena became the capital of the Estensi dukedom, the dukes brought their vinegars from Ferrara and their integration with the typical recipes of the local noble families was so successful that the dukes took possession of the condiment. Probably the merging of these traditions gave birth to a balsamic vinegar whose characteristics and production methods were very similar to the present ones. It is no coincidence that from that moment on, historical information has been more detailed.
In 1597 the court procurator Giovanni Francesco Vezzali wrote a letter to the court farmer Ercole Estense Mosti to purchase Trebbiano for the acetaie (the place where barrels are kept and vinegar ages). One year later the ducal governor Giovanni Battista Contugo, in his letter to the ducal Chamber, wrote he had found the right grapes for the acetaie. The fact the duke was interested in the balsamic vinegar means that he could taste ripe vinegar, so probably vinegar barrels had been there for long time. Based on written documents, the term balsamico (balsamic) was first mentioned in a register of the ducal cellar in 1747; according to the document, the vinegar had to be moved from a secret cellar to the Camera del Prato (meadow room), an historical place for the balsamic located in the western tower of the ducal palace.
In 1764 the Great Chancellor of Muscovy, sent by the czarina Catherine the Great on a diplomatic mission to the European capitals, arrived in Modena and asked to send some bottles of balsamic vinegar to Moscow. In 1792 at the coronation of the Archduke Francis II of Austria, the Duke Ercole III of Este sent him a small bottle of his aged vinegar as a gift.
In 1803, under the French rule, the batches of the ducal vinegar were sold at an auction, but they were bought by the local aristocrats to enrich their acetaie and by doing so they preserved this heritage. Thanks to the dukes, the acetaia was partially reestablished but in 1862, with the coercion to the Kingdom of Italy, king Vittorio Emanuele contributed to ruin the ducal acetaie, because he sent the best barrels to Moncalieri where they were damaged by the mould caused by the bad climate. That was the first time that barrels of vinegar were the “war booty” of a winning King.
This “theft” increased the value of balsamic vinegar; in order to save the barrels stolen by the king, the enologist of Casale Monferrato asked the passionate and expert producer Francesco Aggazzotti (1811-1890) how to deal with the batches of vinegar. The answer, given in a famous letter, is the first and extensively written description of the production cycle and it was used as a reference for the product specification of the Aceto Balsamico Tradizionale di Modena (Traditional Balsamic Vinegar of Modena).
From that moment on, the tradition of balsamic vinegar was carried forward by the local noble land owners, who had always had their own acetaie, even if they were not as popular as the ducal ones. This tradition was accompanied by the farmers’, who could not afford to produce such a refined condiment but continued to develop what was known as the recipe of medieval balsamic condiments and what is known today as the Aceto Balsamico di Modena I.G.P.
Up to the 1850s balsamic vinegar was a local speciality and was unknown abroad, except for some connoiseurs; after the unification of Italy, the growth of the national trade and the increasing presence of Italian products in Europe favoured a commercial production. In 1861 the vinegar of the Giusti family was shown at the Florence Exposition. In 1885 and 1891 balsamic vinegar was awarded with many prizes in Vienna and after the expositions in Genoa and Brussels the Emilia products, especially balsamic vinegar, were internationally famous.
In this period the first producers followed the tradition but had their own recipe; for this reason there were many types of balsamic vinegar of Modena. Only in 1967 when the Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena (the association of the Traditional Balsamic Vinegar of Modena) was set up, a common production method was established basing on the letter written by Mr. Aggazzotti. Besides this, some quality criteria that need to be respected were identified, even if producers are free to give some variances to their product. In the globalization era, the ancient history of balsamic vinegar prevented the product from being “depersonalised”, this means that nowadays you can find as many balsamic vinegars as their producers and each bottle is unique.

100 CC BOTTLE ABTM EXTRAVECCHIO
The Aceto balsamico tradizionale di Modena (Traditional Balsamic Vinegar of Modena) is made of grape must without any further component and is the result of its slow acetification, deriving from a natural fermentation and then concentration. The Aceto balsamico tradizionale di Modena develops its aroma during the long aging process in a line of barrels (called batterie) made of different types of wood. According to the Product Specification, it is forbidden to report the years of aging of vinegar, the term extravecchio means the product has been aged for at least 25 years and guarantees high quality flavours and aroma.
The extravecchio is characterized by a full dark brown colour, thick syrup, high and well-balanced acidity, a delicate and long lasting aroma and a unique flavour. It is excellent if tasted on a tea spoon as an aperitif or a digestive, but it also combines perfectly with cheese, especially Parmigiano Reggiano, pecorino, ragusano, and robiola, risotto, meat; it is interesting to match it with shellfish or any other dish you like.
Before packing the vinegar, each bottle is evaluated by a committee of expert tasters, whose task is to certify it can be awarded with the Protected Designation of Origin (PDO). You can find the evaluation form in the box.
Italian to Spanish: Storia dell'Aceto Balsamico e specifica tecnica ABTM extravecchio
General field: Other
Source text - Italian
Storia dell’Aceto Balsamico
A seguito dei primi contatti commerciali e poi della conquista della Magna Grecia da parete Romana la cultura del vino e dell’aceto si trasmise a Roma, che, forte del suo sviluppo commerciale e culturale favorì una notevole crescita anche al settore enogastronomico. Durante tutto il periodo che vide il mediterraneo sotto il controllo romano “l’acetabulum” (l’ampolla contenente aceto) era sempre presente su tutte le tavole e si diffuse sempre di più la produzione di aceti ‘speciali’ e di aceti ‘aromatici’.
Le radici dell’aceto Balsamico sono però da ricercare nella cottura del mosto, una pittura funeraria rinvenuta in Egitto testimonia come questa pratica per la produzione della prima sostanza dolcificante utilizzata in area mediterranea risalga a tempi molto lontani, almeno 1000 a.C. Anche per quanto riguarda il mosto cotto l’epoca romana risulta essere un periodo di grande sviluppo tanto più che esisteva un verbo specifico per indicare l’attività di cottura del mosto “defrutare”.
L’agronomo Lucio Columella nella sua descrizione della fattoria ideale nel I secolo d.C. inerisce anche una specifica cella defrutaria. Virgilio (70 a.C – 19 a.C) nel primo libro delle Georgiche descrivendo una casa contadina della sua Mantova, città che rientrava nell’area emiliana in periodo romano, scrive: “ è autunno … la donna siede al telaio tesse e canta oppure cuoce il mosto, il dolce succo, sul fuoco togliendo attentamente con una frasca la schiuma dal liquido ribollente sul paiolo”. Sempre Lucio Columella nel suo De Rustica scrive “Questo appena raffreddato viene trasferito e riposto nelle botti affinché possa essere usato dopo un anno”.
Tutti questi indizi lasciano ipotizzare che il moderno Aceto Balsamico Tradizionale abbia le suo origini in periodo romano, non è però possibile ipotizzare le caratteristiche di questi prodotti di cui probabilmente esistevano una pluralità di ricette con notevoli differenziazioni locali tra cui l’area emiliana aveva una sua vocazione autonoma largamente apprezzata. La tendenza a gusti forti e ben distinti tipici dell’epoca classica a tardoantica lasciano ipotizzare che questi prodotti pur rappresentando i predecessori del moderno aceto avessero caratteristiche piuttosto differenti.
Nel periodo medievale in particolare a Sud delle Alpi si continuò a fare largo uso di aceti ed inoltre si diffuse notevolmente l’uso delle botti in legno, contenitore di origine Celtica (http://www.fisarlatina.it/2010/02/15/la-storia-delle-botti/) poco diffuso in epoca romana, la natura prevalentemente marinara degli scambi commerciali faceva preferire di gran lunga le anfore in terracotta.
La diffusione della cultura cortese e cavalleresca portò sulle tavole dei nobili la predilezione per sapori più acidi e contrastati determinando il prevalere dell’agresto (http://www.cucinamedievale.it/2009/11/agresto/) mentre l’uso degli aceti rimase ben radicato sulle tavole contadine.
Dal XIV secolo con il Rinascimento le preferenze alimentari subirono una profonda rivoluzione, creando vere e proprie mode che a partire dall’Italia si diffusero in tutte le corti europee. I banchetti dei signori si trasformarono in veri e propri rituali di potere e furono caratterizzati da crescente lusso e sontuosità. Le tavole venivano imbandite con stoviglie monumentali e pezzi di oreficeria ed anche le portate partecipavano allo spettacolo non solo con il loro sapore ma anche attraverso “effetti speciali”: colombe vive che uscivano dalle portate, giuochi di luce con fuochi d’artificio. Il servizio dei piatti seguiva via via un rituale sempre più rigido con precisi significati gerarchici. Anche i condimenti subirono uno stravolgimento sia per la maggiore sperimentazione che per la crescente disponibilità di spezie orientali.
La svolta agrodolce della gastronomia aristocratica rinascimentale assicurò l’inizio della fortuna del “balsamico”, o meglio dei “balsamici” molte erano le ricette esistenti, condimento raffinato e costoso, in grado di aggiungere morbidezza alle nuove pietanze senza urtare il gusto con acidità eccessiva. Il Modenese ed il Reggiano si affermarono già da allora come aree privilegiate di produzione. Diventando sempre più un prodotto di eccellenza della corte Estense( duchi di Ferrara, Modena e Reggio) noto in tutta Europa. A tale condimento venivano assegnate anche proprietà medicamentose, si narra che Lucrezia Borgia, duchessa di Ferrara, nel 1500 lo richiese per lenire le doglie del parto.
Quando nel 1598 Modena diventò capitale del Ducato Estense i duchi portarono da Ferrara i loro aceti che si integrarono con le ricette tipiche della nobiltà locale, particolarmente apprezzate dai Duchi che subito si appropriarono del condimento. Probabilmente dalla fusione di queste tradizioni nacque un aceto balsamico che presentava caratteristiche e modalità realizzative corrispondenti a quello attuale. Non a caso proprio a partire da questo momento la documentazione storica risulta molto più dettagliata.
E' del 1597 una lettera del procuratore di corte Giovanni Francesco Vezzali diretta al fattore generale di corte signor Ercole Estense Mosti riguardante l'acquisto di Trebbiano per le accette. L'anno successivo il governatore ducale Giovanni Battista Contugo, in una lettera indirizzata alla Camera ducale avverte di aver trovato le uve idonee ad accomodare le acetaie. Il fatto che il duca fosse così attratto dal balsamico significa che, evidentemente, avesse modo di assaggiarne di maturo, quindi botti di aceto dovevano esistere a corte già da lungo tempo. In base alle testimonianze scritte, troviamo citato per la prima volta il termine "balsamico" soltanto in un registro della cantina ducale del 1747; in questo si ordina il trasloco dell'aceto da una cantina segreta alla camera del prato, luogo storico per il balsamico, situata nel torrione ad ovest della facciata del palazzo ducale.
Nel 1764 il Gran cancelliere di Moscovia, inviato dalla zarina Caterina la Grande in missione diplomatica nelle capitali europee giunto a Modena chiese di spedire a Mosca alcune bottigliette di Balsamico. Nel 1792 in occasione dell’incoronazione dell’arciduca Francesco II d’Austria, il Duca Ercole III d’Este ritenne che il suo secolare aceto fosse degno di essere inviato in dono all’imperatore nella modesta misura di un flacone.
Nel 1803 con l’occupazione francese le batterie ducali furono vendute all’asta, ma il patrimonio non andò perduto in quanto vennero acquistate dalla nobiltà locale per arricchire ciascuno la sua acetaia; con il ritorno dei duchi l’acetaia venne in parte ripristinata ma nel 1862 con l’annessione al regno d’Italia Vittorio Emanuele contribuì alla rovina delle acetaie ducali, requisendo i vaselli migliori ed inviandoli a Moncalieri, dove si estinsero per esaurimento e per la muffa sviluppatasi a causa dell’inadeguatezza del clima; non era mai successo che botti d’aceto diventassero parte di un “bottino” di un re vittorioso.
Questo “furto” si trasformò come tante volte accade in una fortuna per il balsamico, l’enologo di casale Monferrato infatti, per cercare di salvare le batterie requisite dal re, chiese all’appassionato ed esporto produttore Francesco Agazzotti(1811-1890) indicazioni su come gestire le batterie di balsamico. La risposta contenuta in una celebre lettera rappresenta la prima descrizione scritta e completa del ciclo di produzione ed ancora oggi è stata utilizzata per la definizione del disciplinare di produzione dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.
Da questo momento la tradizione del balsamico venne portata avanti dall’aristocrazie terriera locale che aveva da sempre avuto le proprie acetaie anche se meno note di quelle ducali. A questa tradizione si affianca quella contadina che pur non potendosi permettere la produzione di un condimento così pregiato ha continuato a sviluppare quella che era la ricetta dei condimenti balsamici medievali e che oggi si ritrova nel Aceto Balsamico di Modena I.G.P.
Fino a tutta la prima metà del 1800 l’aceto balsamico rimane comunque un peculiarità del territorio quasi del tutto sconosciuto all’esterno ad eccezione di alcuni estimatori, a seguito dell’Unità d’Italia la crescita del commercio nazionale e della presenza dei prodotti italiani in Europa favorisce la nascita di una produzione indirizzata al commercio. Nel 1861 l’aceto della famiglia Giusti fu portato all’esposizione di Firenze, nel 1885 e 1891 il balsamico ottenne riconoscimenti e premi a Vienna e le successive esposizioni di Genova e Bruxelles segnarono la definitiva sprovincializzazione delle produzioni emiliane balsamico in testa.
In questa fase le prime dinastie di produttori, seppure all’interno del solco scavato dalla tradizione, avevano ciascuna la propria ricetta e la propria peculiarità, si poteva pertanto parlate di balsamici Modenesi. Solamente nel 1967 con la nascita della “Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena” viene definita una metodologia di produzione comune, scritta utilizzando come base la citata lettera dell’Agazzotti, vengono inoltre definiti una serie di parametri qualitativi che devono essere rispettati sebbene come richiesto dalla tradizione sia lasciato un adeguato margine di liberta ai produttori per garantire a ciascuno la possibilità di caratterizzare il proprio prodotto. Nell’epoca della globalizzazione la storia millenaria del balsamico non ha permesso l’omologazione che tanto piace al commercio, anche oggi pertanto esistono tanti balsamici quanti sono i produttori e ciascuna ampolla ha un’impronta unica ed irripetibile.

Ampolla ABTM Extravecchio 100cc

Ottenuto esclusivamente da mosto di uva privo di qualunque altro componente si produce una lenta acetificazione, derivata da una naturale fermentazione e da una progressiva concentrazione. L'Aceto Balsamico Tradizionale sviluppa la sua fragranza nel lunghissimo affinamento in serie di botticelle (dette batterie) di diversi tipi di legno. Il disciplinare vieta di indicare esattamente gli anni di invecchiamento del prodotto, l'indicazione “extravecchio” infatti identifica non solo un affinamento non inferiore ai 25 anni ma garantisce anche un eccellente livello gusto-olfattivo del prodotto.
L’extravecchio si presenta con un colore bruno scuro carico intenso, sciropposità consistente, acidità elevata e ben equilibrata, profumi lunghi, delicati, ma persistenti, sapore unico inimitabile. Ottimo da solo, servito su un cucchiaino come aperitivo o digestivo, per profumare formaggi, il parmigiano su tutti, ma non disdegna pecorini, ragusani, robiole, sui risotti, ancora sulle carni, interessante l’uso sui crostacei e ovunque la fantasia e il palato si vogliano sbizzarrire.
Prima del confezionamento infatti ciascuna ampolla viene esaminata da una commissione composta da esperti degustatori, che ha il compito di attestare l'idoneità all'utilizzo della Denominazione di Origine Protetta. La scheda di valutazione è inserita nella confezione.
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HISTORIA DEL VINAGRE BALSÁMICO

Con los primeros contactos comerciales y la conquista de la Magna Grecia por parte de los romanos, la cultura del vino y del vinagre se difundió en Roma, que, fortalecida por su desarrollo comercial y cultural, favoreció el crecimiento del sector gastronómico y del vino. Durante la dominación romana del Mediterráneo, el “acetabulum” (la botella de vinagre) se encontraba en todas las mesas, y la producción de vinagres “especiales” y “aromáticos” se hizo cada vez más frecuente.
Sin embargo, el vinagre balsámico procede de mosto de uva cocido. Una pintura funeraria egipcia muestra que la práctica utilizada en el Mediterráneo para producir la primera sustancia edulcorante se remonta a tiempos lejanos, al menos al año 1000 a.C. Incluso para el mosto de uva cocido, la época romana fue un período de bonanza; tanto es así, que existía un verbo específico que se refería al proceso de cocido del mosto: “defrutare”.
El agrónomo Lucius Columela, en su descripción de la granja ideal en el siglo I d.C., menciona una cella defrutaria. Virgilio (70 a.C.-19 a.C.), en el primer libro de Las Geórgicas, donde describe una casa rural en Mantua, ciudad que pertenecía a la zona de Emilia en la época romana, escribe: “es otoño… su cónyuge los hilos entre tanto de las futuras telas escarmena y solaza de entrambos la faena con monótono canto. O de cocer el dulce mosto cuida y a espumar con una hoja se apresura la holla que rechina y que murmura en el fragoroso hervor estremecida”. Siempre Lucius Columela, en su De Re Rustica, escribe: “Este, [el mosto cocido], una vez refrescado, se vierte en los barriles para que se pueda utilizar después de un año”.
Basándose en estos documentos, se podría suponer que el moderno Aceto Balsamico Tradizionale (Vinagre Balsámico Tradicional) se origina en el período romano, aunque no es posible adivinar las características de estos productos, de los cuales existían probablemente muchas recetas con varias diferencias locales y entre las cuales la zona de Emilia tenía una larga y estimada tradición. La tendencia a sabores fuertes y netos, típicos de la época clásica y tardoantigua, parece suponer que estos productos, aun siendo los predecesores del vinagre moderno, tuviesen características diferentes.
En la Edad Media, sobre todo en el sur de los Alpes, los vinagres siguieron siendo muy conocidos y, además, los barriles de madera se difundieron cada vez más. Se trataba de contenedores célticos (http://www.fisarlatina.it/2010/02/15/la-storia-delle-botti/) poco comunes en la época romana. Dada la prevalencia de los intercambios comerciales por mar, se preferían ánforas de terracota.
Con la difusión de la cultura cortés y caballeresca, los nobles optaron por sabores más ácidos y contrastados, que llevaron al éxito del agraz (http://www.cucinamedievale.it/2009/11/agresto/),mientras que los campesinos siguieron utilizando los vinagres.
A partir del siglo XIV, con el Renacimiento, las preferencias alimentarias sufrieron un cambio profundo y se crearon verdaderas modas que desde Italia alcanzaron todas las cortes europeas. La comida de los señores se convirtió en un verdadero ritual de poder y se caracterizó por ser cada vez más lujosa. En las mesas se encontraban cubertería refinada, piezas de orfebrería e incluso los platos se veían acompañados por “efectos especiales”: palomas en vuelo, juegos de luz con fuegos artificiales, entre otros. Para servir los platos se empezó a seguir un ritual cada vez más rígido y con un significado jerárquico. Incluso los condimentos sufrieron un cambio profundo debido a la mayor disponibilidad de especias orientales y a nuevos experimentos culinarios
La revolución agridulce de la gastronomía aristocrática del Renacimiento aseguró el éxito del “balsámico”, o mejor dicho de los “balsámicos”, dada la amplia gama de recetas existentes; un condimento refinado y caro, capaz de añadir un toque suave a los platos sin ser demasiado ácido. Las zonas de Módena y Reggio Emilia se convirtieron pronto en áreas de producción privilegiadas, y el balsámico llegó a ser un producto de excelencia de la corte de los Este (los duques de Ferrara, Módena y Reggio) y conocido en toda Europa. Se pensaba que este condimento tenía propiedades terapéuticas, y se narra que en el siglo XVI, Lucrecia de Borja, duquesa de Ferrara, lo utilizó para aliviar los dolores de parto.
Cuando en 1598 Módena se convirtió en la capital del Ducado Este, desde Ferrara los duques llevaron sus vinagres, que se integraron con las recetas típicas de los nobles locales y fueron tan apreciadas que los duques mismos se apropiaron del condimento. Puede que de la fusión de estas tradiciones naciera un vinagre balsámico con características y métodos de producción similares a los actuales. No es casualidad que a partir de este momento la documentación histórica resulte más detallada.
En 1597, el procurador de corte Giovanni Francesco Vezzali escribió una carta al granjero de corte Ercole Estense Mosti para comprar uvas Trebbiano para las acetaie (el lugar donde se añeja el vinagre balsámico). Al año siguiente, el gobernador ducal Giovanni Battista Contugo, en una carta dirigida a la Cámara Ducal, afirmó haber encontrado las uvas adecuadas para las acetaie. El hecho de que el duque estuviese tan interesado en el balsámico significa que probablemente había podido degustar el vinagre maduro y, por lo tanto, que hiciera mucho tiempo que los barriles de vinagre estaban en la corte. En la documentación escrita, se menciona el término balsamico por primera vez en un registro de la bodega ducal de 1747; según este documento, se ordena el traslado del vinagre de la bodega a la Camera del Prato, un lugar histórico para el balsámico situado en la torre occidental del palacio ducal.
En 1764, el gran canciller de Moscovia, enviado en misión diplomática a las capitales europeas por parte de la zarina Caterina la Grande, una vez en Módena pidió el envío de algunas botellas de balsámico a Moscú. En 1792, en ocasión de la coronación del archiduque Francisco II de Austria, el duque Hércules III de Este decidió mandarle solo una pequeña botella de su secular vinagre como regalo.
En 1803, bajo la ocupación francesa, se vendieron las baterías ducales a la subasta, pero fueron compradas por los nobles locales para enriquecer sus acetaie, por lo que se preservó el patrimonio. Con la vuelta de los duques, se restableció una parte de la acetaia, pero en 1862, con la anexión al Reino de Italia, el rey Victor Manuel contribuyó a destruir las acetaie ducales enviando los mejores barriles a Moncalieri, donde el vinagre enmoheció a causa del clima inadecuado. Fue la primera vez que barriles de vinagre se convirtieron en el botín de guerra de un rey vencedor.
Este “robo”, como en muchas otras ocasiones, hizo la fortuna del balsámico; de hecho, el enólogo de Casal Monferrato, para salvar las baterías robadas por el rey, pidió consejo al apasionado y experto productor Francesco Aggazzotti (1811-1890) sobre cómo cuidar las baterías. Su respuesta en una famosa carta representa la primera descripción completa por escrito del ciclo de producción, y sigue siendo utilizada aún hoy para redactar la especificación técnica del producto Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.
A partir de ese momento, fueron los terratenientes nobles locales quienes sacaron adelante la tradición del vinagre balsámico. Estos poseían acetaie desde siempre, aunque eran menos conocidas que las ducales. Junto con esta tradición, siguió adelante la de los campesinos, que si bien no se podían permitir la producción de un condimento tan refinado, siguieron desarrollando la receta de los condimentos balsámicos medievales que hoy encontramos en el Aceto Balsamico Tradizionale di Modena I.G.P.
Hasta la primera mitad del siglo XIX, el vinagre balsámico fue una especialidad local, casi desconocida en el extranjero, con la excepción de algunos aficionados. Con la unificación de Italia, el crecimiento del comercio nacional y el aumento de la presencia de productos italianos en Europa favorecieron un tipo de producción más orientada al comercio. En 1861, el vinagre de la familia Giusti participó en la exposición de Florencia; en 1885 y 1891, el balsámico recibió galardones en Viena y, gracias a las exposiciones de Génova y Bruselas, los productos emilianos, en particular el balsámico, se hicieron conocidos a nivel internacional.
En este período, cada uno de los primeros productores, aun cumpliendo con la tradición, tenía su propia receta y sus propias características; por esta razón se podía hablar de los vinagres balsámicos de Módena. Recién en 1967, con el nacimiento de la “Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena” se definió un método de producción común basado en la carta de Aggazzotti y se establecieron algunos parámetros de calidad que se debían y se deben cumplir, aunque, según la tradición, los productores tienen cierta libertad de actuación en cuanto a la caracterización del producto.
En la época de la globalización, la historia milenaria del balsámico ha preservado su unicidad, y es por eso que hoy en día existen tantos balsámicos como productores y que cada botella tiene una huella única e irrepetible.

BOTELLA DE 100 C.C. DE ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE DI MODENA EXTRAVECCHIO
El Aceto Balsamico di Modena Tradizionale (Vinagre Balsámico Tradicional de Módena) se obtiene a partir de mosto de uva cocido, madurado a través de un lento proceso de acetificación, derivado de la fermentación natural y de la progresiva concentración. El Aceto Balsamico Tradizionale desarrolla su aroma gracias a un prolongado añejamiento en distintas vasijas (llamadas batterie, baterías) de diferentes maderas. Según la Especificación Técnica, está prohibido señalar los años de añejamiento del producto; de hecho, el término “extravecchio” se refiere a un añejamiento mínimo de 25 años y garantiza un nivel de sabor y de aroma muy elevado. El extravecchio se caracteriza por su color pardo oscuro muy intenso; su fluidez almibarada densa; su acidez elevada pero equilibrada; sus perfumes largos, delicados y persistentes; su sabor único e irrepetible. Es perfecto si se toma solo en una cuchara como aperitivo o digestivo; si se marida con quesos, como por ejemplo Parmigiano Reggiano, pecorino, robiola, ragusano; o con los risotti y la carne. Es interesante su uso con los crustáceos y con cualquier otro plato donde se quiera jugar con la fantasía.
Antes del envasado, el vinagre tiene que ser aprobado por un panel de expertos catadores, que certifican que la botella de vinagre cumple con las normas de la Denominación de Origen Protegida. La ficha de evaluación se incluye en la caja.

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Bio
Sono un'interprete di conferenza e traduttrice libera professionista che si è laureata in Interpretazione di conferenza alla Scuola per Interpreti e Traduttori di Forlì nel 2011, dopo aver conseguito la laurea triennale in Traduzione e Interpretazione di Trattativa presso la stessa università.
Nel 2013 ho frequentato il Master in Traduzione Farmacologica presso CTI (Communication Trend Italia) a Milano e attualmente lavoro in vari settori fra cui: medico, moda, meccanico, ambientale, energetico, turistico, sociale e ceramico. Ho fatto trasferte all'estero (Svezia, Germania, Emirati Arabi Uniti, Spagna) per ragioni professionali e questo mi ha arricchito culturalmente e non solo linguisticamente.
Le mie attività principali sono interpretariato di simultanea, consecutiva e trattativa ma eseguo anche traduzioni di testi scritti nella seguente combinazione linguistica: ENG>ITA, SPA>ITA, ITA>ENG, ITA>SPA.

I am a professional Conference Interpreter and Translator who graduated in Conference Interpreting at the Advanced School for Interpreters and Translators of Forlì (University of Bologna) in 2011, after getting my BA degree in Liaison Interpreting and Translation.
In 2013 I specialized in Medical Translation and I work in many fields, such as: medical, fashion, mechanical, environmental, energy, tourist, ceramic and social fields.
I also worked as interpreter abroad (Sweden, Germany, UAE, Spain) where I improved my linguistic and cultural skills.
I mainly work as a simultaneous, consecutive and liaison interpreter, but I also translate documents, manuals and texts in the following language combinations: ENG>ITA, SPA>ITA, ITA>ENG, ITA>SPA.
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